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Malinconia del cuore

Malinconia del cuore

 

Foto Nicola Incampo 250Oggi vorrei fare con voi una riflessione sulla “malinconia del cuore”. e la vorrei fare con una poesia di Mimnermo di Colofonte.

Il nome di Mimnermo ha il significato etimologico di "colui che resiste su l'Ermo", un fiume dell'Eolide e fu probabilmente attribuito a un avo del poeta in ricordo della sua valorosa partecipazione a una vittoria riportata dai Greci di Smirne contro i Lidi del re Gige in questa località.

Della sua vita sono ad oggi giunte pochissime notizie e visse probabilmente tra la seconda metà del VII e l'inizio del VI secolo a.C.

Dai pochi frammenti giunti a noi è difficile giudicare dell'arte di un autore.

Il tema della giovinezza, contrapposta alla vecchiaia, definita odiosa, riveste un ruolo di primo piano nella sua produzione poetica: il poeta si augura che la morte lo colga a 60 anni.

La visione positiva della vecchiaia, accolta da Solone, poeta di elegia politica, è rinnegata da Mimnermo, che invece la ritiene una fase di decadenza fisica che impedisce all'uomo di godere di tutti i piaceri della vita, anche la vista del sole, tormentato da tristi pensieri.

La condizione giovanile è migliore perché una situazione di spensieratezza, in cui il fanciullo non è in grado di discernere il bene dal male, a lui ancora sconosciuti, come si legge in alcuni frammenti: ciò da un lato rende il giovane sprovveduto e spesso incosciente, dall'altro invece gli assicura quella serenità fanciullesca che si contrappone alla pensierosità della condizione senile.

La poesia è a seguente

Come le foglie

 

Al modo delle foglie

fiorito della primavera nascono

e ai raggi del sole rapide crescono

noi simili a quelle per un attimo

abbiamo diletto del fiore e dell’età

ignorando il bene e il male per dono dei Celesti.

Ma le nere dèe ci stanno a fianco

l’una con il segno della grave vecchiaia

e l’altro della morte. Fulmineo

precipita il frutto della giovinezza,

come la luce di un giorno sulla terra.

E quando il suo tempo è dileguato

è meglio la morte che la vita

 

Se riflettiamo bene è la raggelante consapevolezza del destino umano.

Destino umano come il destino delle foglie.

Come la foglia appena beve un sorso di vita non è più: nel momento in cui la stagione si colma di frutti e si veste di colori, già si annuncia, tremante il tragico declino.

Già si distende il buio fitto della notte.

Come le foglie, è l’avventura umana.

Il poeta commisura il destino dell’uomo al destino delle foglie: il destino di una stagione che fugge, irrefrenabile e inafferrabile.

 

Nicola Incampo

Responsabile della Conferenza Episcopale

di Basilicata per l’IRC e per la pastorale scolastica