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Cronaca

  • Scritto da alla redazione
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Pa, Cgil Cisl Uil: un contratto innovativo per la Pa dei cittadini

E si prepara la maratona del lavoro pubblico, obiettivo: rinnovare i contratti per costruire servizi veloci, semplici, vicini alle persone

LAPILLI LOGO CISL CGIL UILRoma, 26 settembre 2016 – “Un contratto vero e innovativo”, questo l’obiettivo che sarà annunciato da Serena Sorrentino, Giovanni Faverin, Giovanni Torluccio e Nicola Turco - segretari generali di Fp-Cgil Cisl-Fp Uil-Fpl Uil-Pa – all’attivo unitario che riunirà domani a Roma le segreterie regionali delle quattro federazioni di categoria. Iniziativa che lancerà lo sprint per il varo delle piattaforme e l’apertura delle trattative sul rinnovo dei contratti pubblici. E metterà in chiaro la proposta dei sindacati confederali: “Il contratto è un diritto dei lavoratori che vogliono essere riconosciuti e valorizzati. Ma è soprattutto lo strumento per costruire la Pa che serve oggi al Paese. Per far partire una grande stagione di rinnovamento e riprogettazione dei servizi”.

La Pa che vogliamo? E’ fatta di servizi innovativi, vicini alle persone e centrati sui bisogni, con i migliori standard di produzione, snella nelle procedure e semplificata nell’accesso, trasparente e aperta a cittadini e imprese, integrata nelle funzioni e nelle professionalità, con meno gerarchia e più competenze”, hanno spiegato i segretari di categoria, che hanno tracciato le linee guida delle piattaforme per i nuovi comparti di contrattazione (funzioni centrali, funzioni locali e sanità).

Flessibilità, innovazione organizzativa, valorizzazione professionale, formazione, motivazione, coinvolgimento cognitivo dei lavoratori. Su questi temi, insieme ai salari, dovrà giocarsi la partita dei rinnovi contrattuali: “Sette anni di blocco hanno congelato stipendi già bassi e servizi obsoleti. Ora chiediamo al governo uno slancio vero: dobbiamo portare i servizi pubblici al livello delle eccellenze produttive del miglior privato. E questo si fa solo insieme ai lavoratori e ai cittadini”.

Nei servizi avanzati, qualità e produttività dipendono in primo luogo dal coinvolgimento attivo delle intelligenze, delle professionalità e delle esperienze. Per questo non vogliamo un semplice rinnovo, ma contratti che liberino il potenziale delle persone, le capacità inespresse, il desiderio dei lavoratori di dare prova di sé nel migliorare i processi e risolvere i problemi organizzativi, che facciano leva sullo spirito di servizio e sull’appartenenza alle comunità professionali. E che tengano insieme autonomia e responsabilizzazione rispetto alla soddisfazione delle comunità e delle aziende”.

Come fare? I segretari di Fp-Cgil Cisl-Fp Uil-Fpl e Uil-Pa sono pronti a scommettere su strumenti nuovi, sperimentati in questi anni nei contesti più innovativi: dal lean government alla partecipazione diretta dei lavoratori. “Dobbiamo ridisegnare enti e servizi sui principi della ‘produzione snella’, vale a dire semplificazione, eliminazione degli sprechi, riorganizzazione dei servizi. E poi sulle pratiche di miglioramento organizzativo dal basso, sul lavoro in team e sui gruppi di progetto, sulle sessioni informative e di proposta, sulla velocità e la condivisione delle web communities e dei social media, sulla partecipazione degli utenti alla progettazione dei servizi, sulla cooperazione professionale e la flessibilità operativa. Il motore della Pa, così come delle imprese che trainano la crescita, devono essere le persone”.

“Questa è la proposta che porteremo al governo. E lo faremo dopo aver coinvolto lavoratori e cittadini con un grande programma di iniziative: siamo pronti alla maratona del lavoro pubblico per cambiare la Pa e per migliorare i servizi ai cittadini attraverso le lavoratrici e i lavoratori. Questo il nostro obiettivo: un contratto per i cittadini. Ora sia la politica a mostrarsi all'altezza di questa sfida”.  

  • Scritto da Nuccio Fava
  • Categoria: Attualità
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La cattiva informazione danneggia i cittadini e inquina il dibattito pubblico

LAPILLI Foto Nuccio FavaIl pericolo grave di una cattiva informazione è stato rilanciato con forza da papa Francesco in occasione dell’udienza ai giornalisti del Consiglio nazionale dell’Ordine. Le parole severe e preoccupate del Papa hanno riportato alla memoria l’esortazione frequente ai tempi di Sandro Pertini: il presidente della Repubblica ricordava spesso ai giornalisti “che bisogna tenere la schiena dritta sempre”. Mi è parso bello riscoprire, su piani temporali sfalsati, una sintonia profonda tra il presidente Pertini e papa Francesco, una passione accorata e generosa su un tema così cruciale per la democrazia, la vita civile e politica. Purtroppo, non solo il governo e i partiti ma anche potenti interessi economici, pubblicitari ed editoriali interferiscono ed agitano il mondo dell’informazione, con la costante pretesa di portare acqua al proprio mulino. I giornalisti risultano spesso vasi di coccio in mezzo a più potenti contenitori di ferro con una non piacevole debolezza in un quadro condizionato sin dall’inizio con la nomina non trasparente del direttore responsabile e i rapporti con la proprietà editoriale.

E’ un momento delicato di crisi grave dell’Europa, terrorismo, grande difficoltà perdurante sul piano economico e finanziario, tragedia della condizione giovanile e dell’occupazione, difficoltà non comune delle famiglie e delle imprese che non si riesce ancora ad affrontare adeguatamente anche per l’esorbitante carico fiscale. In mezzo a tutto questo grande carico di problemi acuti, l’informazione rischia di oscillare continuamente tra una sorta di eccitazione emotiva, l’amplificazione della protesta e la tentazione di sopire e addormentare le questioni senza vero approfondimento e riflessione critica, pacata e matura. Manca spesso la capacità di informare e sollecitare l’opinione pubblica in modo che possa conoscere e acquisire coscienza di situazioni e problemi senza forzature propagandistiche o posizionamenti preconfezionati a favore di questo o quello schieramento, di questo o quel leader. In qualche modo si tratta di un problema sempre presente nella tradizione del nostro paese e che emerge in forme nuove e più complesse a causa della mancata uscita dell’Italia dalla grande crisi e del delicato passaggio e conseguente incertezza per il futuro del nostro sistema istituzionale e politico.                                                                               

Quasi con un significato aggiuntivo rispetto alle considerazioni svolte prima il 23 settembre, è caduta la ricorrenza del centenario della nascita di Aldo Moro. Solo in parte si è approfittato per compiere una riflessione sul significato e l’importanza della presenza dello statista pugliese. Fortunatamente il capo dello Stato Mattarella ha evitato l’oblio richiamando il valore e l’importanza di Aldo Moro nella vita politica e intellettuale della società italiana. Sarebbe tuttavia errato considerare Moro tutto politico o prevalentemente uomo di studi e di ininterrotto impegno universitario. Occasione questa che lo portò ad avere sempre vivo un colloquio dinamico con le nuove generazioni, fonte continua di preoccupazione ma soprattutto di ispirazione anche per la sua politica e le scelte indispensabili per far crescere una società più aperta ed inclusiva.  L’avvento del centro sinistra e la collaborazione con i socialisti non sono stati concepiti da Moro come mere operazioni di potere, così come non lo è stato il percorso lungo e travagliato per giungere ad una possibile collaborazione col Partito Comunista di Berlinguer ed alla fine l’accettazione da parte della Democrazia Cristiana tutta intera.

La tragedia di via Fani con la strage di tutta la sua scorta, il rapimento, la sua prigionia di 55 giorni e il tragico epilogo con l’assassinio brigatista interruppero ferocemente il percorso umano e politico dello statista pugliese che tanto avrebbe potuto influire ancora positivamente nella crescita dell’Italia. In una stagione caratterizzata da svolte nel segno della rottamazione, da grave crisi economica e istituzionale anche a livello europeo e con un quadro geopolitico preoccupante, la lezione di Aldo Moro, il suo lascito culturale e politico sarebbero oltremodo utili, tanto in rapporto alle gravi difficoltà dell’Europa e ai timori e alle incertezze che percorrono in profondità la società italiana. Muoviamo verso i 40 anni dalla sua scomparsa, il 9 maggio 1978 con il corpo racchiuso nel portabagagli di una Renault rossa parcheggiata in via Caetani, a due passi dalle sedi dell’allora Partito Comunista e della Democrazia Cristiana. L’occasione dovrebbe servire ad una riflessione profonda del pensiero e dell’azione politica di Aldo Moro, senza nostalgie e rimpianti ma approfondendo utilmente la sua  straordinaria esperienza fin dalla Costituente, al decisivo contributo espresso nella formulazione dell’articolo primo che pone il lavoro come fondamento della Repubblica e del 49, dedicato alla funzione e responsabilità dei partiti nella vita dello Stato e della società.

(24 settembre 2016)

Nuccio Fava

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