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Presso la Pontificia Facoltà una giornata di studio su Joseph Ratzinger in occasione dei suoi 90 anni.
Martedì 16 maggio, a partire dalle ore 11, presso la sezione San Tommaso d’Aquino della Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale, a Napoli in viale Colli Aminei 2, avrà luogo una giornata di studio dedicata a Benedetto XVI, in occasione dei 90 anni del Papa emerito, che proprio in quella sede universitaria, quando era cardinale, aveva presieduto l’inaugurazione dell’anno accademico 1994/1995.
L’incontro celebrativo si svolge a un mese esatto dal compimento dei 90 anni da parte di Benedetto XVI, lo scorso 16 aprile, e nell’approssimarsi di altri due importanti anniversari: il quarantennale della sua ordinazione episcopale (28 maggio) e della creazione cardinalizia (27 giugno).
Il convegno sarà un’occasione per riflettere sull’opera teologica e sul magistero di uno dei maggiori teologi del novecento, che varie volte ha soggiornato nella nostra città e che nella sua visita pastorale da Sommo Pontefice, il 21 ottobre 2007, ebbe straordinarie parole d’amore per Napoli e per i napoletani: «Sono in mezzo a voi, cari amici, per spezzare con voi la Parola ed il Pane della Vita, ed il tempo brutto non ci scoraggia, perché Napoli è sempre bella!».
Nel corso del convegno, sarà presentato al pubblico il volume Joseph Ratzinger Benedetto XVI – Immagini di una vita, pubblicato dalle Edizioni San Paolo e scritto a quattro mani dai giornalisti Maria Giuseppina Buonanno e Luca Caruso.
La giornata – Al convegno di martedì, moderato da Giuseppe Falanga, docente e direttore delle pubblicazioni della Pontificia Facoltà Teologica, dopo l’introduzione ai lavori del vicepreside, Gaetano Di Palma, interverranno monsignor Gennaro Acampa, vescovo ausiliare di Napoli, Luca Caruso, responsabile dell’ufficio stampa della Fondazione Vaticana Joseph Ratzinger - Benedetto XVI e coautore del volume, Antonio Ascione, docente e segretario generale della Facoltà Teologica.
Il libro – L’11 febbraio 2013 Benedetto XVI annuncia alla Chiesa e al mondo la sua intenzione di rinunciare al pontificato. Partendo da questo evento che è nella memoria di tutti e tornando indietro nel tempo, come in un ideale flashback, il volume Joseph Ratzinger Benedetto XVI – Immagini di una vita, racconta la vita di Ratzinger, dalla nascita in un paesino della Baviera il 16 aprile 1927, all’attuale condizione di Papa emerito, vissuta nella preghiera presso il monastero Mater Ecclesiae, in Vaticano.
Una narrazione avvincente, strutturata in 9 capitoli accompagnati da 120 fotografie, alcune delle quali inedite, che ripercorre le principali tappe della vicenda umana e spirituale di questo «umile lavoratore nella vigna del Signore»: l’infanzia nella Germania degli anni Trenta, il dramma della guerra e della prigionia, la vocazione sacerdotale, la brillante carriera accademica, la partecipazione al Concilio Vaticano II, l’elezione ad arcivescovo di Monaco e Frisinga e la nomina a cardinale, il lungo impegno come prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede al fianco di Giovanni Paolo II, gli otto anni di un pontificato segnato anche da momenti difficili.
Uno straordinario patrimonio di immagini, ricordi e testimonianze che ci restituisce tutta la ricchezza umana, teologica e pastorale di Joseph Ratzinger - Benedetto XVI.
Giordano Bruno Guerri: “questo romanzo ci accompagna in un viaggio in motocicletta nel Giappone più insolito e misterioso, tra sogno e realtà”
Roma, 4 maggio 2017 – "Con la sua prosa vivida e coinvolgente Mario Vattani ne <La Via del Sol Levante> ci accompagna in un Giappone insolito e misterioso”. Con queste parole lo scrittore e storico Giordano Bruno Guerri ha aperto la presentazione del nuovo libro di Mario Vattani, già console generale a Osaka, che si è svolta nella prestigiosa ed affollata sede del Circolo degli Esteri della Farnesina. “Un viaggio in moto tra sogno e realtà, quello di Vattani – ha proseguito Guerri nella sua introduzione - che per certi versi ricorda "On the Road" di Jack Kerouac in un percorso attraverso il tempo, la storia ed il sogno."
Dopo il successo del suo primo romanzo “Doromizu. Acqua torbida” (Mondadori, 2016), Vattani, in questo secondo romanzo, decide di raccontare se stesso: un diplomatico italiano appassionato dell’Oriente che riesce finalmente a realizzare il suo sogno di trasferirsi a Tokyo, e intraprendere un lungo viaggio in motocicletta. Tra una tappa e l’altra del suo percorso solitario nei luoghi meno conosciuti delle isole giapponesi, la narrazione si intreccia con la storia dei rapporti tra Italia e Giappone all’inizio del ‘900. Ne “La Via del Sol Levante” (Idrovolante Edizioni) incontriamo alcuni protagonisti meno conosciuti del rapporto Italia-Giappone fino alla tragica conclusione del secondo conflitto mondiale. La pubblicazione è inserita nelle celebrazioni ufficiali del 150° Anniversario delle relazioni tra Giappone e Italia. Per questa ricorrenza, dal 2016 fino al prossimo agosto, si tengono in varie località giapponesi e italiane diversi eventi culturali di alto livello (http://www.it.emb-japan.go.jp/150).
Hanno partecipato all’evento, moderato dalla giornalista e nipponista, Stefania Viti, Domenico Giorgi, già Ambasciatore d’Italia a Tokyo (2013 – 2017), Andrea Purgatorio e l’attrice e doppiatrice giapponese Jun Ichikawa, che ha letto alcuni brani del romanzo. Tra le oltre 200 persone che hanno partecipato all’evento, nutrito il parterre di diplomatici e personalità presenti tra i quali, l’Ambasciatore Camillo Zuccoli, l’ex Ambasciatore a Washington, Sergio Vento, l’ambasciatore Luca Del Balzo di Presenzano, il presidente della Fondazione Italia Giappone, Umberto Vattani, la direttrice dell’Istituto di Cultura Giapponese a Roma, Naomi Takasu. Ed ancora, il vicepresidente del Senato, Maurizio Gasparri, Alfonso Rossi Brigante, il flautista di fama mondiale Andrea Griminelli, i consoli Gennaro Famiglietti e Mattia Carlin.
Salvatore Di Giacomo e Vico Equense. Il grande poeta napoletano era legatissimo non solo ad Agerola e a Sant’Agata sui Due Golfi, ma frequentava, fin dalla fine dell’ottocento, i bagni termali dello Scrajo, a Vico Equense. Vicende inedite e di grande interesse storico nel nuovo romanzo di Raffaele Lauro, “Don Alfonso 1890 - Salvatore Di Giacomo e Sant’Agata sui Due Golfi”
di Giuseppe D’Esposito
Man mano che si procede nella lettura delle bozze del nuovo romanzo di Raffaele Lauro, “Don Alfonso 1890 - Salvatore Di Giacomo e Sant’Agata sui Due Golfi”, si ha la precisa sensazione di trovarsi dentro una miniera inesauribile di fatti storici e di vicende, del tutto inedite, che riguardano l’intera Penisola Sorrentina. Anche in questo lavoro, infatti, dopo la celebrazione, a tutto tondo, della nostra città, dal monte Faito alle marine, fatta nel terzo romanzo de “La Trilogia Sorrentina”, “Dance The Love - Una stella a Vico Equense”, attraverso gli occhi incantati della grande danzatrice russa Violetta Elvin, vicana di adozione, da circa sessant’anni, l’Autore non rinunzia a scrivere altre pagine bellissime su Vico Equense e sulla sua ricchissima storia. In particolare: la frequentazione di Salvatore Di Giacomo, fin dalla fine dell’Ottocento, dei bagni termali dello Scrajo; l’amicizia con il religioso e intellettuale vicano, don Gaetano Parascandalo, primo storico della nostra città; il dibattito, tra i due, sulla figura di Giovanni Battista Della Porta e sul luogo di nascita del grande pensatore del Seicento e, infine, le indagini su un fatto di cronaca nera, avvenuto, in quegli anni, a Vico Equense (“Il mistero di Vico Equense”), che coinvolse l’opinione pubblica vicana, napoletana, nazionale e francese. Lauro ci racconta come sia pervenuto a queste interessanti rivelazioni, una vera chicca per noi vicani, e di chi lo ha guidato in questo percorso di ricerca documentale, seguita, poi, dalla sua scrittura narrativa.
Anche in questo romanzo, lei non trascura la nostra Vico Equense, la terra d’origine dei sui avi materni. Si tratta di una forzatura affettiva?
Tutt’altro. Nel piano-struttura originario del romanzo, Vico Equense non rientrava, anche se avevo avuto notizia certa di una cartolina, a firma di Salvatore Di Giacomo, spedita dal poeta dai bagni termali dello Scrajo di Vico Equense, venduta ad un’asta. Le ricerche successive, presso la Biblioteca Nazionale di Napoli, sezione Lucchesi Palli, nel complesso epistolario di Di Giacomo (scriveva a getto continuo, ovunque si recasse, spesso su cartoline che riproducevano anche delle sue fotografie di Napoli), non evidenziarono, a proposito, altra corrispondenza da Vico Equense o una frequentazione assidua del luogo, da parte del poeta. Ne ho chiesto notizia, allora, al professor Salvatore Ferraro, mio amico e bibliofilo di livello nazionale, il quale, come sempre, mi ha guidato, attraverso alcuni scritti minori di Di Giacomo, ad una scoperta sorprendente. Quella cartolina, ora in mano a qualche collezionista privato, non rappresentava un fatto sporadico. Al contrario. Salvatore Di Giacomo era un assiduo frequentatore di Vico Equense e dei bagni termali dello Scrajo, fin dalla fine dell’Ottocento, ove si recava da Napoli per curare i primi sintomi artritici di una malattia, l’uricemia, che lo avrebbe portato alla morte, nel 1934. Presso lo Scrajo, aveva conosciuto un religioso locale, che si dilettava in ricerche storiche, don Gaetano Parascandolo, il quale gli aveva fatto dono di una sua vecchia pubblicazione di storia locale. Di Giacomo, inoltre, era anche l’autore di una serie di articoli di cronaca nera (non dimentichiamo che, alle origini, era stato un cronista di nera sui giornali napoletani), pubblicati su un quotidiano partenopeo, intorno al misterioso omicidio di un ragazzo francese. Di tutto questo risultato, sono particolarmente grato a Ferraro: uno squarcio di luce, che ha consentito di documentare quanto il grande poeta napoletano amasse tutta la costiera sorrentino-amalfitana, compresa Vico Equense.
Forse conviene partire proprio dallo Scrajo. Dai bagni termali, già famosi in quell’epoca.
Famosissimi, direi! Vico Equense era ed è una terra benedetta, come tutta la costiera sorrentino-amalfitana. Aveva ed ha tutto: la montagna, le colline, il piano, le spiagge e, pure, mica poco, una ricca sorgente di acque termali, che curavano e curano sia le malattie della pelle che le patologie della respirazione. Cielo, sole, mare e acque termali, che erano state premiate, come altamente terapeutiche, nel 1897, dalla Società Italiana di Medicina Interna. La miscela di salsedine, di bromuro e di iodio curava e cura anche le affezioni otorinolaringoiatriche, i reumatismi e i dolori articolari. Per quest’ultima terapia, venivano utilizzate, appunto, da Di Giacomo. I bagni dello Scrajo, noti in tutta l’Italia, fin dall’inizio del Novecento, erano ben frequentati anche da personalità napoletane e romane.
A chi si deve la scoperta e la messa a frutto terapeutico della sorgente?
Il proprietario del fondo a mare dello Scrajo, un medico-chirurgo siciliano, Andrea Scala, intuì subito l’importanza terapeutica della sorgente e iniziò a costruire un complesso termale, ampliato dagli eredi, che oggi rappresenta un fiore all’occhiello del nostro turismo termale, non solo a livello nazionale.
Allo Scrajo si conobbero Di Giacomo e don Gaetano Parascandolo?
Nonostante la differenza di età, trent’anni, si conobbero, fraternizzarono e si scambiarono le rispettive pubblicazioni. Il canonico gli regalò la copia della sua monografia su Vico Equense, che aveva pubblicato nel 1858, e coinvolse il grande poeta nelle sue ricerche sul luogo di nascita del filosofo-alchimista seicentesco, Giovanni Battista Della Porta. Si batteva, da anni, per dimostrare che il Della Porta fosse nato a Vico Equense, in una delle ville collinari di proprietà della sua famiglia, una nobile schiatta napoletana.
Di Giacomo era interessato alla questione?
Certamente, la questione, infatti, era oggetto, all’epoca, di discussione nel mondo accademico e culturale napoletano. Di Giacomo considerava Della Porta un vero genio, una mente prodigiosa, un pensatore straordinario, un uomo della modernità...
Un mago?
Un precursore della scienza, a giudizio di Di Giacomo, come Campanella, Bruno, Galileo e Keplero, i cui trattati sull’agricoltura sono ancora attuali. Per questo il poeta accettò di andare in carrozzella, con il prete, fino al casale di Pagognano.
A far cosa?
Don Gaetano volle mostrargli la villa, dove, secondo lui, era nato il Della Porta.
Di Giacomo se ne convinse?
Non del tutto, ma consigliò all’anziano canonico di cercare l’atto di nascita per averne la certezza. La vista dei frutteti e dei vigneti, tuttavia, i profumi della menta e della mortella, una flora così copiosa e variata, letta nelle opere in latino di Della Porta, lo convinsero che, in quei luoghi, il filosofo fosse, se non nato, certamente cresciuto e vissuto, tra campi, orti, selve di castagni, uliveti e vigneti prosperosi e bassi.
Cosa sappiamo di don Gaetano Parascandolo?
Gli studiosi di cose vicane farebbero bene ad approfondire questa figura di prete intellettuale, di ispirazione liberale, censurato dalla gerarchia. Era più anziano di Di Giacomo di trent’anni, nato a Vico Equense nel 1830, da un’antica e nobile famiglia vicana. Appassionato di storia patria, aveva pubblicato una monografia su Vico Equense, nel 1558, di cui menava gran vanto. Professore nel seminario di Cava, di ispirazione patriottica, cade sotto i rigori dell’arcivescovo di Sorrento. Dovette combattere anche per avere il riconoscimento del canonicato di famiglia. Si prese, comunque, prima di morire, nel 1904, trent’anni prima di Di Giacomo, la soddisfazione di pubblicare le notizie storiche sulla nascita e la figura del Della Porta, frutto delle sue decennali ricerche, e una biografia dell’ultimo vescovo di Vico Equense, il repubblicano Michele Natale, impiccato, nel 1799, per le sue idee liberali.
Materia per un convegno sul rapporto Parascandolo-Natale, Parascandolo-Della Porta, Parascandolo-Di Giacomo.
Materia di grande interesse!
Ho letto che di Giacomo si interessò anche di un omicidio, consumato a Vico Equense, un omicidio misterioso?
Esattamente. Scrisse, dal 23 luglio al 3 agosto 1894, sette articoli magistrali, di apparente cronaca giudiziaria, in realtà autentici capolavori narrativi, pubblicati su “Il Corriere di Napoli”, con il titolo, appunto “Il mistero di Vico Equense”. Con i quali tenne viva l’opinione pubblica sull’omicidio di un ragazzo francese, mentre inquirenti e magistratura, in contrasto tra loro, brancolavano nel buio.
Cosa era effettivamente avvenuto?
Sugli scogli sotto La Fusarella, fu trovato il cadavere di un ragazzo francese, di 13 anni, Henry Maubertot, scaraventato giù dal suo patrigno, il marchese Luciano Gastone De Nayve, per ragioni di eredità. Ci vollero nove anni per arrivare alla verità. Alla fine, l’assassino fu condannato, in Francia, per il grave delitto, anche per merito degli articoli di Di Giacomo.
Di Giacomo poeta della canzone, fotografo, commediografo e scrittore. Anche investigatore?
Non dimentichiamo che Di Giacomo era nato come giornalista di cronaca napoletana, anche nera. Ma quegli articoli di nera svelano la sua ricchezza di narratore e il suo sentimento di poeta.
Presenterà il libro anche a Vico Equense, oltre che a Sant’Agata sui Due Golfi, ad Agerola e a Sorrento?
Lo spero. Mi piacerebbe proprio nell’Albergo Scrajo Terme, condotto sempre dagli eredi Scala. Sarebbe un omaggio a don Salvatore, il poeta, a don Gaetano, il prete liberale, e al dottor Andrea Scala, lo scopritore delle proprietà terapeutiche dell’antica sorgente termale dello Scrajo.
Venerdì 28 aprile, a partire dalle ore 11, presso la sezione San Tommaso d’Aquino della Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale, in viale Colli Aminei 2, a Capodimonte, la Libreria Editrice Vaticana (LEV) presenterà al pubblico il volume Guarita dall’Amore - Storia di Maria Grazia Veltraino di Carlo Ambrosio Setti e Rosario Faggiano.
Il libro – Il volume racconta la straordinaria vicenda della signora Veltraino, finita su una sedia a rotelle nel 2001, a causa di una malattia incurabile, ma inspiegabilmente guarita nel 2008, come risulta agli atti del processo di beatificazione, per intercessione di don Luigi Caburlotto, sacerdote veneto che Maria Grazia aveva personalmente conosciuto.
Ma la storia non si riduce al solo racconto di una guarigione miracolosa: è anche storia di un’esistenza contrassegnata fin dalla nascita da una dolorosa emarginazione familiare e sociale (la condizione di “figlia illegittima”, letteralmente abbandonata dai propri genitori e dalla società civile), di una bambina cha passava da un orfanatrofio all’altro, di una donna di fede che anelava alla libertà.
Guarita dall’Amore è il libro che raccoglie questa storia, scritto a quattro mani da due persone che hanno conosciuto Maria Grazia da vicino: don Carlo Ambrosio Setti, medico e sacerdote che ha assistito la Veltraino fin dall’inizio della malattia, e Rosario Faggiano, giornalista e scrittore.
Il dibattito – Alla presentazione del libro, moderata dal professor Giuseppe Falanga, direttore delle pubblicazioni della pontificia facoltà, interverranno, oltre ai due autori, il Vescovo Marcello Bartolucci, segretario della congregazione per le cause dei santi, Padre Edoardo Scognamiglio, teologo e ministro provinciale dei francescani conventuali, don Giuseppe Merola, vice direttore della Libreria Editrice Vaticana, don Gaetano Di Palma, vice preside della pontificia facoltà, e la professoressa Elvira Scognamiglio, docente di lettere.
Il Beato – Nato a Venezia il 7 giugno 1817 da una famiglia di gondolieri, don Luigi Caburlotto è il primo parroco veneziano ad essere stato beatificato. Ordinato sacerdote il 24 settembre 1842, il 30 aprile 1850 diede inizio ad una scuola popolare per le fanciulle trascurate dalle famiglie. In pochi anni il gruppo di maestre volontarie che sosteneva la scuola si trasformò in un istituto religioso di suore, per le quali don Luigi stesso scrisse la Regola e che chiamò Figlie di San Giuseppe.
Mentre continuava con amore la cura pastorale della sua parrocchia di San Giacomo dall’Orio (Venezia), don Luigi si preoccupò anche di dare continuità e organizzazione alla carità e all’assistenza per i molti poveri di quell’area della città. Curò pure la formazione scolastico-professionale dei maschi, istituendo un patronato maschile serale. Nel 1857 diede vita all’Istituto Manin per accogliere e sostenere le ragazze povere. Nel 1859 fondò nella città di Ceneda (oggi Vittorio Veneto, Treviso) una scuola elementare popolare gratuita e un collegio con più elevato programma di studi. Trascorse gli ultimi anni in quasi totale ritiro, provato da lunghe sofferenze, ma sereno e sempre interessato alle opere che continuava a dirigere. Morì il 9 luglio 1897, assistito dal patriarca Giuseppe Sarto (il futuro pontefice San Pio X). Nel luglio 1994, Giovanni Paolo II promulgò il decreto nel quale dichiarava che monsignor Luigi Caburlotto visse in grado eroico tutte le virtù cristiane. Il 9 maggio 2014 Papa Francesco ha autorizzato a promulgare il decreto sull’autenticità del miracolo di Maria Grazia Veltraino per intercessione di don Luigi Caburlotto. Grazie a questo riconoscimento, don Luigi fu beatificato a Venezia il 16 maggio 2015.