- Categoria: Lapilli Salerno
- Scritto da Maria Serritiello
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15esimo Festival Nazionale Teatro XS Città di Salerno 2024 "Il Malinteso" di Albert Camus, nella messa in scena della Compagnia Teatrale "Al Castello " di Foligno (PG)
Non la voce del sangue, che pure ha un forte richiamo nelle più straordinarie vicende umane, ha potuto salvare il ritorno camuffato del figliol prodigo. Così né la madre, stanca e vecchia, né la sorella alessitimica, ma protesa con tutte le sue forze ad un calore solare, di una terra non bene identificata, rendono la vita al viandante che si trova a prenotare una camera nella loro locanda. Le due donne, sono albergatrici per necessità ed assassine per avidità, ospitano uomini ricchi e soli per poi farli fuori affondandoli nel vicino fiume. Non c’è che dire un binomio assassino, madre e figlia che con disinvoltura ammazzano per poter raccogliere un bel po' di soldi ed andare a vivere lontane da quel posto orribile, buio, umido e senza nessun spiraglio di vera vita. L’occasione di svoltare per sempre viene loro offerta da quel distinto signore che capita all’improvviso, materializzandosi dal nulla. Un che di strano c’è in lui, ma più bizzarre sono le domande del questionario che gli vengono rivolte all’atto di prendere la camera. Uno strano servitore, paludato in un completo nero, torvo e silenzioso oltre misura, completa il duetto delle padrone. Ciò che precede l’assassinio, perché alla fine il viandante- figlio viene ucciso, è propedeutico all’atto finale. Si giustifica la madre, invecchiata innanzi tempo dalla fatica per sopravvivere alla miseria quando il marito è morto, se ne fa una ragione di vita la sorella nel voler recuperare il tempo perduto in quest’angolo nebbioso. Intanto il giovane pregusta la gioia che li avvolgerà quando si accorgeranno della sua vera identità. Non va così e le due donne saranno dannate per sempre per aver dato la morte a chi era tornato per arricchirle e salvarle dalla misera vita.
Una lucida follia aleggia fin dalle prime battute della rappresentazione che vanno a raccontare assurde posizioni dei protagonisti, fino a farne un’inutile tragedia. Ragioni inconsistenti sono alla base della narrazione, per esempio la voglia di sorprendere di Jan nel farsi riconoscere, senza gettare le braccia al collo alla madre, appena giunto; nell’abbandonare la moglie che era con lui e lasciarla sola, in quella landa sconfinata; la freddezza sia fisica che morale della sorella, che si autoassolve per le uccisioni, la madre che diventa disinvoltamente complice. Non mi è piaciuto il tema (N. D. R.), che per 80 minuti cerca di coinvolgere lo spettatore in una logica assurda, irragionevole, insensata che è quella dell’uccisione per soddisfare i propri bisogni. Scritto nel 1943, azzardo l’ipotesi che il clima di guerra abbia inciso negativamente sullo scrittore, indiscusso premio Nobel del 1957, all’atto della sua creazione.
Ed ecco i tratti della giovane donna, deputata all’accoglienza: abito nero, calze e scarpe dello stesso colore, capelli raccolti in una coda tirata all’indietro, senza un filo di trucco, più simile ad una probanda monacale che ad un’invitante locandiera, algida fredda, priva di emozioni, che non ha imparato a dare parole al proprio mondo emotivo, ritenendolo talvolta inutile o considerandolo come una debolezza. Una kapò fuori dai lager, cosicché la logica della guerra ritorna. E ’lei più che la madre, l’artefice di quest’ennesima carneficina, l’anziana donna questa volta è poco condiscendente.
Il gruppo attoriale, sufficientemente amalgamato, ha reso una recitazione abbastanza libera, ognuno bravo a suo modo, senza incidere, però, più di tanto. Un’annotazione assolutamente positiva è per la scenografia, agevole e curata e per le note musicali di sottofondo con la struggente fisarmonica che rimanda il tema principale del film il “Postino”
E’ blasfemo se accoppio (N.D.R.) le due donne al film di Frank Capra del 1944 “Arsenico e vecchi merletti” ed il maggiordomo, muto per tutto il tempo, ma pronto a pronunciare solo un secco “No”, che sarebbe dovuto essere, invece, misericordioso, somigliante ad Alfred Hitchcock, visto che è il regista dello spettacolo?
Maria Serritiello
Personaggi ed interpreti
Marta Alessandra Marino
La madre Emanuela Fuso
Jan Giuseppe Rafoni
Maria Anna MariaMagnini
Il vecchio Claudio Pesaresi