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FAR GUERRA?
Ci sono venti di guerra in giro e ci sono tragedie umane sui campi molli di pioggia e sui mari che ingoiano morti. E cosa accade nel mondo? Si grida che bisogna far pace, si alzano muri per evitare fastidi, si analizzano i perché di quanto accade. E i bambini seguitano ad ammalarsi e morire e tanta gente ugualmente. Io personalmente ricordo quando, a dieci anni, nel corso dell’ultima guerra mondiale, fuggivo le bombe con la mia famiglia ed avevo uno zainetto sulle spalle in cui c’era un po’ di tutto nella eventualità ci si disperdesse. Un po’ di pane e salame, un cambio, un maglioncino (era inverno come adesso e ricordo il maglioncino che mi piaceva tanto. Bianco con nidi di api in azzurro) e un po’ di soldi nascosti e un indirizzo scritto ove ritrovarci in caso di dispersione. Tutto previsto, ma i vestiti erano asciutti ed il cibo non ci mancava. Solo l’acqua ci venne a mancare per circa una settimana e bevemmo tutto un vascone di acqua putrefatta dopo averla fatta bollire e con parsimonia ne demmo ad altre famiglie non fortunate come noi finché l’ultima bottiglia cadde dalle mani di mia madre che generosamente ne stava versando un pochino per chi aveva sete. E restammo senza bere. Poi attraversammo la piazza che era terra di nessuno con i carri armati che cannoneggiavano il fabbricato dove eravamo barricati e tra le macerie dei vicoli trovammo salvezza e acqua e cioccolato e biscotti. Noi di famiglia ci disperdemmo, ma ci ritrovammo al luogo previsto (già liberato dalle truppe angloamericane) come saggiamente era stato previsto. E poi la ricostruzione della casa distrutta dove mio padre fece da manovale ed io di piccolo aiuto. Ecco tutto questo e molto di più io ricordo, fino al giorno in cui una bomba tedesca cadde sulla casa ancora intatta di amici che, affettuosamente, ci avevano dato una stanza e la condivisione della cucina. Alcuni soldati vi si erano rifugiati per evitare il bombardamento e morirono tutti sotto le macerie ed io bambino, nella camera accanto, salvato da un passante che fu in parte ricoperto di macerie e che salvò me accucciato dietro lui. Cose terribili, ma cosa sono stati quegli eventi di fronte ai profughi di oggi, senza speranza, senza patria, senza cibo, senza futuro e che noi vediamo durante i telegiornali? E pensate che io possa parlare di guerra? No certamente. Ma so di non poterne parlare con rabbia nel cuore o per motivi politici. Io ho capito una cosa soltanto che non è gridando che si tolgono le guerre, ma cambiando di mentalità. Una mentalità che non mi fa odiare nessuno in casa e fuori casa; che mi impedisce di essere infastidito da chi soffre le tragedie; che, se fossi fabbricatore di armi mi renderebbe incapace di vendere armi; che se avessi bisogno di petrolio non lo comprerei da chi crea guerre; che, se avessi mire egemoniche, sarei incapace di arricchirmi sulla pelle dei deboli … Il compito mio di Assisi Pax non è quello di gridare, ma quello di aiutare gli uomini a cambiare mentalità poiché la pace non la si costruisce su una guerra vinta o persa che sia, o evitata senza una conversione, ma su un cambiamento di mentalità che renda ogni essere umano non un nemico, ma un fratello con cui collaborare. E questo ce lo dice Gesù Cristo ed è l’unico modo serio di evitare una guerra. Dio vi benedica.
fr. GianMaria Polidoro ofm