- Categoria: Lapilli Salerno
- Scritto da Maria Serritiello
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A chiusura del Festival nazionale XS città di Salerno la Compagnia dell’Eclissi ha offerto lo spettacolo "Il fiore che ti mando l’ho baciato" con Anna Rita Vitolo. Scrittura scenica e drammaturgica di Elvira Buonocore, Anna Rita Vitolo e Antonio Grimaldi.
Ciò che rende affettivo il Festival nazionale XS città di Salerno è la cura impiegata, da parte della Compagnia dell’Eclissi, nell’organizzare tutta la rassegna, rispetto ai propri abbonati. Come ogni anno, dei 15 trascorsi, nella serata conclusiva, si assiste ad un qualificato spettacolo fuori concorso, per allietare il finale agli spettatori e così il 21 sera, al Teatro Genovese, è stato rappresentato "Il fiore che ti mando l’ho baciato" con Anna Rita Vitolo, con la scrittura scenica e drammaturgica di Elvira Buonocore, Anna Rita Vitolo e Antonio Grimaldi, che ne è anche il regista. Il racconto scenico nasce su iniziativa del Centro Studi sul Teatro Napoletano, Meridionale ed Europeo, presieduto da Antonia Lezza, e del Teatro Grimaldello
Anna Rita Vitolo, nota al grande pubblico per aver interpretato Immacolata Greco, la madre di Lenù, nella serie televisiva l’amica geniale, tratta dalla quadrilogia di Elena Ferrante, è salernitana ed è un’apprezzatissima quanto raffinatissima interprete della corrispondenza amorosa, intercorsa fra il 1913 e il 1915, tra Stamura Segarioli e Francesco Fusco. Il carteggio appassionato, intercorso tra i due, è stato uno dei momenti più alti della serata che ha concluso il prestigioso Festival del teatro amatoriale.
La scena si presenta tutta cosparsa di fogli bianchi, ovvero stralci di lettere, scritti che daranno vita, di lì a poco, all’esile esistenza di Stamura e Francesco. Lei, giovane ed innocente fanciulla, il candore, in scena, della veste bianca ce lo anticipa, lui un giovane tenente medico, prestato alla guerra. Lei un’esperta e brava maestra, “Mi chiamo Stamura Segarioli, sono nata il 16 agosto 1892 e sono della provincia di Orvieto”, lui ufficiale medico, nativo di Carano di Sessa Aurunca. I due si sono conosciuti durante il servizio militare di Francesco, presso la caserma di Orvieto, innamorandosi perdutamente, ma di mezzo c’è l’inutile quanto drammatica guerra mondiale, la prima. L’atmosfera dell’epoca c’è tutta, a cominciare dalla musica che sottolinea i momenti salienti della scrittura: “Non dimenticar le mie parole”, “Parlami d’amore Mariù” “Canto quel motivetto che mi piace tanto” alla scatola di buona fattura per conservare i messaggi amorosi “Ti amo per i tuoi occhi”, Stamura legge e porta al viso il foglietto, vergato dal suo amore lontano e poi lo rinserra nello scrigno. Altri tempi belli o brutti che siano, sono passati, ma nel vedere l’amore traboccare da riverenti scritti, eppure sottesi di passione, non si avverte nostalgia per le continuate video chiamata di oggi. E così, Stamura interpreta, di volta in volta, con voce tremula, affettuosa, passionale, gli stati d’animo di chi è innamorata persa o di chi aspetta una lettera mancata, così da strappare a morsi quelle conservate per sfogare la delusione. La storia epistolare si dipana in un avvolgente monologo, dove l’eccezionale bravura interpretativa di Anna Rita Vitolo ci trasporta, di volta in volta, nei suoi più intimi desideri, come l’essere abbracciata dal suo uomo e lo mima, con straordinaria eleganza, di essere completamente sua, cosicché la lentezza passionale con cui fa scivolare la veste nunziale dal suo esile corpo, ci trasporta in un amore che supera le barriere della guerra, la loro micro storia prende più di ogni atto eroico che pure ci sarà. Lei ha appena il tempo di annunciargli l’attesa di un bambino e lui di rimando rispondergli “Mi hai fatto dono della carne” che la storia si conclude sulle note di “O surdate innamorato”. Stamura con gesti meccanici raccatta tutte le lettere sparse a terra, si taglia una ciocca di capelli, accatasta la sedia, la valigia, l’elmetto, la camicia, le scarpe e converge tutta la sua attenzione al piccino che dovrà, ormai crescere da sola.
Stamura è a Formia si sente lo sciabordio del mare, in quella zona, lei aveva avuto sempre il desiderio di stare con lui. In in spiaggia, però, non è sola, con lei c’è il figlioletto, che sgambetta sulla sabbia, tenuto amorevolmente per mano, ogni tanto lo bacia con trasporto, come quel fiore che ha mandato a suo padre al fronte. Gioca con lui e gli costruisce velocemente una barchetta di carta, un innocente giocattolo, ma tanto affettivo, com’è stata amorosa tutta la loro storia.
Era il 20 luglio 1915!
Maria Serritiello