- Categoria: Lapilli Salerno
- Scritto da Maria Serritiello
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A Sieti, il delizioso Casale di Giffoni Sei Casale (Sa), la Festa annuale dell’Antropologia curata dal Prof. re Polo Apolito, antropologo
Negli ultimi giorni di questo caldo agosto, appena trascorso, a Sieti, un delizioso Casale, dei sei di Giffoni Sei Casali, in provincia di Salerno, si è svolta la festa dell’Antropologia, manifestazione, curata, debitamente, dal Prof.re Paolo Apolito, antropologo, che si è speso prima presso l’Università di Fisciano e poi presso l’Università di Roma tre.
Sotto il grande tiglio e dinanzi allo spazio lucido della chiesa del Santissimo Salvatore, piazza Corte dei Santi, l’appuntamento. Ancora tutti insieme ed in semplicità, per rivivere le magiche atmosfere del Campus in Festa, vissuti qualche tempo addietro, presso l’Università di Fisciano ed organizzati, proprio da lui, dal Prof. re Paolo Apolito. Lo ritrovo uguale (N.D.R.) dei suoi capelli, codino compreso, la stessa voce suadente, impastata di raffinato rotacismo e la mise disinvolta dei jeans che gli restituiscono la stessa immagine nel tempo. Tanta gente raccolta, di varia età, che vuole partecipare alla “Festa”, quella collettiva, quella che oscura le inibizioni e dà la gioia della partecipazione, quella che veramente spazza via i pensieri ed il caldo che ci assale. Accade che a divertire siano giovani di grande talento, immediata la qualità, istantanea l’élite culturale, veloce la fruizione. Di seguito le performance dei giovani discepoli mostrano il loro saper fare ed è un piacere essere irretiti nei nuovi circuiti, come il contrabasso che duetta con lo stropiccio della carta, il canto dell’uccello grifone, che tenta una morale nel finale, il giovane di colore, cielo nero e tanta luce, lasciata la sua danza che porta, fino a Sieti, le sue radici, lanciarsi in una coinvolgente tammurriata. Manca ancora qualcosa per essere “Festa”, quella inclusiva, quella che riporta alla vita semplice dei nostri predecessori, dove la musica, per le serate scacciapensieri sull’aia, terminato il duro lavoro dei campi, era battuto sulle tammorre, fatte di pelle essiccata di pecora o di capra, a rendere le armonie mancanti. Appare, così, come figura attesa, Antonio Giordano con la sua fedele zampogna per tornare indietro, fino alle radici del nostro sentire. Addossato alla chiesa, un tavolo di fortuna con vari companatici, dolci e vino, portati un po' da tutti, sono pronti ad essere divisi con semplicità tra quanti sono presenti.
Grazie Paolo per questa sferzata di giovinezza, al prossimo anno e per intanto “Antropologo a domicilio” a mantenere il posto caldo.
Maria Serritiello