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Cronaca

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Avete mai riflettuto sul valore dell’onestà?

Avete mai riflettuto sul valore dell’onestà?

 

Foto Nicola Incampo 250Facciamolo insieme.

L'onestà è considerata un valore fondamentale per diversi motivi.

In primo luogo, l'onestà promuove la fiducia nelle relazioni interpersonali. Quando le persone sono sincere e trasparenti, è più probabile che sviluppino e mantengano relazioni basate sulla fiducia e sul rispetto reciproco.

Questo è essenziale sia nelle amicizie che nelle relazioni professionali, dove la fiducia reciproca è alla base della collaborazione e del successo condiviso.

In secondo luogo, l'onestà contribuisce a una società più giusta e equa. Quando le persone agiscono con integrità, si riduce la possibilità di inganni e frodi, creando un ambiente più prevedibile e giusto per tutti.

In ambito sociale e professionale, l'onestà aiuta a garantire che le decisioni e le azioni siano basate su verità e giustizia, piuttosto che su manipolazioni o false pretese.

Inoltre, l'onestà è fondamentale per il benessere personale e la pace interiore. Quando una persona è onesta, evita il conflitto interiore e il senso di colpa associato alla disonestà.

Vivere in modo coerente con i propri valori e principi morali contribuisce a una maggiore autostima e a una vita più soddisfacente.

L'onestà consente di essere autentici e di vivere in armonia con se stessi e con gli altri.

Infine, l'onestà è cruciale per il progresso e la crescita personale e collettiva.

In un contesto di onestà, le persone sono più inclini ad affrontare e risolvere i problemi in modo costruttivo.

La trasparenza nelle comunicazioni e nelle azioni permette di identificare e correggere errori, favorendo l'apprendimento e il miglioramento continuo.

In sintesi, l'onestà è un valore perché sostiene la fiducia, promuove la giustizia, favorisce il benessere personale e facilita il progresso.

È una base fondamentale per costruire relazioni autentiche e una società equa e prospera.

Nicola Incampo

Responsabile della Conferenza Episcopale

di Basilicata per l’IRC e per la pastorale scolastica

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La leadership delle potenze

La leadership delle potenze

 

Velázquez de Breda o Las Lanzas Museo del Prado 1634 35 250Gli attuali fatti di cronaca degli scenari internazionali, legati ai sanguinosi conflitti in alcune aree del pianeta, vedono la lenta conflagrazione dei vecchi equilibri di potere. La crisi dell’ordine mondiale ci spinge ad interrogarci su ciò che è a fondamento della vera leadership delle potenze. In un mondo dominato dalla violenza in cui si intravedono flebili speranze di pace, quali sono i fattori che determinano la potenza di uno Stato? Nell’antichità Tucidide individua i fattori fondamentali per la costruzione della potenza di un popolo. Questi comprendono soprattutto elementi materiali, basati sull’accumulo di ricchezze e denaro grazie al commercio e alla conquista di nuovi territori. Nel II secolo a. C. anche Polibio nelle Storie intravede nelle condizioni economiche di un popolo un elemento imprescindibile per la buona conduzione delle imprese belliche. Lo storico di Megalopoli ritiene che il progetto di dominio universale dei romani non si sarebbe potuto realizzare senza il possesso di risorse sufficienti, di una florida economia. Secoli dopo lo scrittore F. Rabelais confermando il rapporto tra guerra e denaro diceva: les nerfs des batailles sont les pécunes. Nell’età contemporanea John Mearsheimer nella sua opera La logica di potenza. L’America, le guerre, il controllo del mondo ha detto: “Il potere si basa sulle specifiche capacità materiali di cui uno Stato dispone”. Soprattutto sulla capacità produttiva di una comunità capace di arricchire il proprio potere militare. Mearsheimer distingue a tal proposito due forme di potere: quello latente e quello militare. Il primo, in stretta relazione con il secondo, si riferisce “agli ingredienti socioeconomici che concorrono alla costruzione della potenza militare; esso si basa in larga misura sulla ricchezza di uno Stato e sulle dimensioni complessive della sua popolazione. Una grande potenza ha bisogno di denaro, tecnologia e personale per costituire la sua forza militare e per affrontare una guerra, e il potere latente di uno Stato indica il potenziale grezzo a cui può ricorrere quando è in competizione con Stati rivali”. Tuttavia non sempre il vantaggio sull’avversario è dato dalla forza militare di un popolo, strettamente dipendente dalla sua supremazia economica. Continua Mearsheimer: “La ragione è che talvolta sono fattori non materiali a dare a un combattente un vantaggio decisivo sull’altro. Tali fattori comprendono tra gli altri la strategia, lo spionaggio, la determinazione, il clima, le malattie”. Non sempre, quindi, la potenza militare di un popolo può far pronosticare la sua egemonia nei rapporti internazionali. Uno Stato o popolo diventa egemone sugli altri nel momento in cui riesce ad essere, come dice la sua radice etimologica, “guida”, da hegemón a sua volta da hegéomai: guido, procedo, ossia dominare e imporre la propria volontà agli altri, equivalente del termine dorico hagéomai. Come abbiamo potuto analizzare, la leadership di un popolo si afferma quando quest’ultimo possiede sia capacità economiche, militari (fattori materiali) che legate ad elementi non materiali: capacità di utilizzare al meglio le proprie risorse produttive ed offensive. Il successo in politica internazionale di uno Stato, infatti, secondo Tucidide, non dipende solo dalla sua forza ma anche dall’uso che se ne fa, e quindi, in ultima istanza, da coloro che gestiscono la potenza di un’entità politica. Per essere un buon conduttore, hegemón, non bisogna solo possedere ricchezze e un buon esercito, ma allo stesso tempo la sagacia, ossia l’intelligenza fine, acume. In altre parole, la buona guida, il leader, di un popolo deve possedere la perspicacia e lo spirito penetrante nell’indagine, conoscenza, della realtà. Vedere affondo il reale è necessario per trovare le soluzioni più opportune ai problemi e quindi strategie adatte per ben governare. Lo Stato egemone non è quello che si impone solo per il suo potenziale bellico ma che è guidato da leader che possiedono acutezza, perspicacia, intelligenza, ossia fattori non materiali, capaci di far mantenere il potere, nei rapporti internazionali, ad una nazione e consolidarlo in futuro.

 Antonio Fabozzi

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