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Salerno

  • Scritto da Maria Serritiello
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All’ottava Edizione Festival Teatro XS città di Salerno debutta la compagnia teatrale C.L.A.E.T. di Ancona con “Oh Mio Dio” di Anat Gov

Si è dato il via, al teatro Genovesi di Salerno, domenica 14 febbraio, all'ottava edizione del Festival Teatro XS. Otto anni di meritati successi per gli organizzatori della Compagnia dell'Eclissi e per come la manifestazione è seguita, 112 spettatori al debutto. Sette sono gli incontri che termineranno il primo maggio nella serata di premiazione. La novità di quest'anno è l'aggiunta di tre proiezioni inserite nella programmazione, per affrontare il rapporto tra cinema e teatro. A debuttare, domenica scorsa, è stata la compagnia teatrale C.L.A.E.T. (Centro lettura attività espressive teatrali) di Ancona, con un lavoro complesso: "Oh Dio mio" della drammaturga israeliana Anat Gov.

LAPILLI locandina festival xsLa psicologa Ella, il cui nome in ebraico vuol dire quercia, si trova a dover analizzare un paziente sconosciuto, tale Signor “D”, che a telefono le chiede un appuntamento urgente. Ella è single con un carico di una figlia autistica, appassionata di chitarra, che occupa tutti gli spazi della sua vita incolore. Quando il paziente fa il suo ingresso nello studio, arredato in maniera minimale ed abbellito da svariati palloncini bianchi, segnali sia di una presenza infantile nella casa, che di un effetto "nuvole" alludente al cielo da cui proviene il Signor D, inizia tra i due un serrato dialogo con battute sagaci all'interno di uno spettacolo di un'ora e mezza circa.

Lo sconosciuto, che ha bussato alla porta di Ella è niente di meno che Dio, a pezzi per aver 5000 anni e più di solitudine, dei quali sente il peso e la disperata voglia di affondare ogni cosa in un nuovo diluvio universale. Dopo l'iniziale stupore Ella cerca di analizzare il paziente in maniera del tutto normale, trascurando l'onnipotenza dello stesso. Ne seguono situazioni esilaranti alla Woody Allen, con humor secco senza dare spazio ad equivoci religiosi. Il Dio seduto nello studio della psicologa su di una poltrona di cartone pressato, dal design pregevole, simbolo della semplicità ma anche di fragilità, non è lo spirito illuminato, il Creatore di ogni cosa, ma è la divinità profondamente depressa, tanto da mettere in discussione se stessa.

Proseguendo nell'analisi, il dialogo tra i due affronta in maniera comica il Vecchio Testamento, la figura di Adamo, quella di Caino e più di tutte quella di Giobbe. L'artista che è in lui è stato cancellato dalla sua disistima, lui che rimane comunque il Sommo Creatore. La solitudine di 2000 e passa anni si fa sentire e quello di cui ha bisogno è Amore. Ella in un abbraccio finale glielo trasmette. Un testo sagace di pura marca yiddish e le battute che si susseguono sono dilettevoli. Un "botta e risposta" tra i due, disinvolto sia pur affrontando concetti profondi di analisi religiosa.
Ella non crede all'esistenza di un Dio e l'autismo della figlia ne sarebbe una riprova. I due dopo il percorso di analisi, non facile, si ritrovano a scambiarsi i ruoli e cioè: Dio sperimenta una fragilità tutta umana e l'uomo (Ella) si eleva a spalla sulla quale il Potente si adagia. Poco credibile il finale nel quale la fanciulla autistica, miracolata, suona e canta l'Alleluia di Leonard. Cohen. Un trionfalismo religioso troppo a buon mercato che Anat Gov poteva risparmiarselo, tanto più che insinua in Ella l'idea che la mela regalatale dal Signor “D” venga da altre mani.

Molto bravi i due attori, Diego Ciarloni e Ilaria Verdini, per aver mandato a memoria un testo solo apparentemente leggero ma che per il suo insito indottrinamento poteva risultare ostico. Vestito di bianco da capo a piedi, un po' dandy, spiccano sul volto gli occhialini scuri, che nascondono lo sguardo di una divinità decadente. Un giovane normale, Dio, niente a che fare con capelli e barba canuti dell'iconografia tradizionale, volutamente anonimo, perché potesse risultare credibile e preso in considerazione dalla psicologa. Dal canto suo, Ella, molto spigliata nella recitazione, con il tono ciarliero alla Giuliana Loiodice, ha caratterizzato bene il personaggio segaligno, poco attraente e oltremodo sfortunato. Accattivante la partecipazione di Simone Paolella, voce e chitarra, sognante ed infantile Noemi Boncompagni a caratterizzare la sua condizione di diversa. Buona la Regia di Diego Ciarloni, l’Aiuto Regia di Ilaria Verdini e dei Collaboratori tecnici: Angela Ursi e Paola Giovenco

Infine una nota sul l'autrice Anat Gov, scomparsa nel 2012, che con un testo da teatro dell'assurdo, ha provato a divertire sia pure analizzando il difficile rapporto tra Dio e l'uomo sin dalla creazione del mondo.

Maria Serritiello

  • Scritto da Maria Serritiello
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“ Piscature” di Raffele Viviani al teatro Delle Arti attraverso un percorso sensoriale

locandina piscatureNel foyer “Peppe Natella” del Teatro Delle Arti di Salerno, venerdì12 febbraio, c’era il mare e con esso la risacca ondulante, strascicata sulla riva, un artificio tecnico che ha reso magicamente il suono di questo elemento, così presente nella nostra città. Ma a colpire gli spettatori, chiamati per assistere al dramma di Raffaele Viviani “E Piscature”, non è stato solo il suono dell’acqua salata, bensì l’intero percorso sensoriale, uno spettacolo nello spettacolo, compiuto, prima di arrivare a sedersi. Il Delle Arti si presta, per lo spazio di cui dispone, a sperimentare nuove forme di spettacolarità, utilizzando e coinvolgendo, come per venerdì scorso, i sensi. Una bella intuizione del gruppo TeatroNovanta, che, aiutati da Salvatore Acconciagiochi, della Bottega San Lazzaro, insostituibile per la sua manualità e responsabile professionalità, hanno trasformato il foyer in un borgo marinaro, per cui tutti gli attrezzi, reti, “spaselle” nasse, lampare, funi, ancore, utili alla pesca, hanno invaso il percorso ed il palcoscenico. Sul mormorio degli spettatori, che a passi lenti e gustando le tartine, cosparse di burro ed alici nostrane, dell’industria salernitana IASA si accingono ad entrare all’interno, si eleva la voce di Tommaso Fichele, accompagnato dal suono della chitarra di Fabio Notari

La scena, all’interno, si presenta a sipario aperto, con il mare, un fondale filmato, che la lambisce, mentre gruppi di pescatori vanno, vengono, parlano, rammendano le reti e sperano in un futuro migliore. Sulla destra, tirata a secco, un gozzo, su cui dipinto si legge il nome di “Peppe”, un chiaro riferimento, come anche la lampara accesa, fiamma votiva, a chi non c’è più. Sulla sinistra, invece, è ben visibile una misera baracca, congegnata in modo da poter seguire contemporaneamente il fuori della corte marinara e il di dentro della catapecchia, arredata con pochi oggetti e dove alla parete troneggia il quadro di Sant’Anna, simbolo di unità familiare. I pescatori che animano la scena lavorano per Cumpà Domenico (Gaetano Stella), secondo marito della zi Carmela (Elena Parmense) e patrigno di Catarina (Serena Stella) e Cicciariello (Antonello Ronga). Con loro nella baracca vive anche zi Austino, detto cient’anni (Matteo Salazano), nonno, da parte di padre, dei due ragazzi. La trama è semplice e descrive coralmente la vita di stenti a cui è soggetto il pescatore, sia esso padrone che aiutante. La storia si accende, quando Cumpà Domenico, un uomo burbero e rude, che ha un cattivo rapporto con Cicciariello, tanto da venire alle mani, rende espliciti i torbidi sentimenti amorosi verso la giovane Catarina. Approfittando dell’assenza di tutti i componenti del capanno e dei pescatori che stazionano, per lo più sempre dinanzi al povero ricovero, Cumpà Domenico, in preda alla furia amorosa, la violenta. Nessuno si accorge di nulla, né la madre, che insegue l’unione della famiglia, né il nonno, che cerca di dare affetto e buoni consigli. Solo Cicciariello, scopre la malefatta, dopo aver strappato la confessione alla sorella, vedendola in difficoltà, per cui non gli resta altro che vendicarla. Con un ingenuo stratagemma di una festa di pacificazione, a cui tutti sono invitati, il giovane attira il patrigno nella barca e non visto da nessuno, lo affonda a mare.

Il dramma si conclude tra lo stupore dei pescatori, che non si danno pace per l’orrenda fine del loro padrone e i pianti lamentosi della moglie, che professa in continuazione l’onestà e la dirittura morale del marito.

“E Piscature” è il terzo appuntamento, dei quattro, inserito nella rassegna “Napul’è mille culure”, che affronta attraverso i testi, il policromatismo della città. Foschi, passionali e sanguigni i colori del dramma di Viviani, rappresentato in maniera corale dal gruppo dei pescatori, bravi a caratterizzare e a differenziare i personaggi l’uno dall’altro

A spasellara– Chiara De Vita
Pascale ‘o spasellaro – Antonello Cianciulli
‘o Turrese – Giovanni Caputo
Siccetella – Manuel Mascolo
Gennarino – Alfio Battaglia
Giuvannella – Martina Iacovazzo
Zufia – Lucia Di Mauro
Santella – Lucia Voccia
Fortunatina – Alessandra Galdi
Mammiluccia – Daniela Abate
Luciana – Elisabetta Condorelli
‘o Puzzulano – Daniele Nocerino
Capitone – Mauro Collina
Temmone – Michele Ceruso
Pilo ‘e purpo – Gennaro Della Rocca

Un particolare plauso va a Matteo Salzano per aver caratterizzato in maniera speciale “zi Austine, il vecchio saggio, tremolante sulle ginocchia e voce strascicata, che ha esperienza e conosce come va vissuta la vita. Una eccellente interpretazione che ha fatto la differenza dello spettacolo. A distinguersi per impegno, sentimento e disinvolta recitazione sono stati Gaetano e Serena Stella, chiamati ad affrontare una difficile prova teatrale, per essere loro un padre ed una figlia nella vita reale. L’imbarazzo per il tema trattato è stato brillantemente superato per la bravura recitativa, consumata in Gaetano, fresca e giovane in Serena. Altra stella a brillare è stata zi Carmela, Elena Parmense, che ha dato un’interpretazione precisa dell’ingenua madre, tanto da non accorgersi del disastro familiare, un personaggio eduardiano, dove al posto del presepe, c’è l’unità familiare a tutti i costi. Infine un sanguigno Antonello Ronca, convincente nella parte del vendicatore della sorella, costretto a vivere e ad uccidere secondo le regole ferree di un’organizzazione tribale quale quella dei pescatori, immaginati e poi scritti da Raffaele Viviani.

Maria Serritiello

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